Amelia Rosselli BIOGRAFIA

Amelia Rosselli La famiglia di Amelia aveva origini ebraiche e partecipò attivamente alle vicende storico-politiche dell'Italia fascista. Carlo e Nello Rosselli (padre e zio di Amelia Rosselli) furono militanti antifascisti, fondarono il movimento di resistenza e il giornale "Giustizia e Libertà". Carlo fu un teorico del Socialismo Liberale. Entrambi i fratelli furono perseguitati e uccisi in Francia dai fascisti nel 1937.
Da quel momento cominciò l'esodo familiare di Amelia. Fu Pasolini a scoprire la poesia di questa scrittrice, pubblicando nella rivista letteraria «Il Menabò», nel 1963, ventiquattro sue poesie e definendo la sua scrittura poetica una scrittura di lapsus. All'attività di musicista, sia come compositrice che come esecutrice, ha affiancato lavori di traduzione, consulenza editoriale e collaborazione a note riviste letterarie. Scrive versi e prose in diverse lingue, prima fra tutte l'inglese; in Italia ha cominciato a pubblicare qualcosa all'inizio degli anni Sessanta, principalmente su riviste, attirandosi l'attenzione e il consenso di di noti poeti come Zanzotto, Raboni e Pasolini. Fu Pasolini a scoprire la poesia di questa scrittrice, pubblicando nella rivista letteraria «Il Menabò», nel 1963, ventiquattro sue poesie. La sua poesia, "suggestiva e potente", si ritaglia un posto assolutamente unico nel panorama letterario italiano; quest'isolamento è acuito dall'atteggiamento di estraneità sempre tenuto dall'autrice nei confronti del mondo intellettuale, il che ha fatto sì che i suoi lavori abbiano ottenuto solo in minima parte i riconoscimenti che a parere di diversi critici meriterebbero.
La cosa più singolare e colpisce maggiormente nelle sue poesie, soprattutto quelle raccolte nelle prime pubblicazioni, è il linguaggio, del tutto nuovo e originale. È l'autrice stessa a spiegare che "la lingua in cui scrivo volta a volta è una sola, mentre la mia esperienza sonora logica associativa è certamente quella di tutti i popoli e riflettibile in tutte le lingue" Ne deriva una singolarissima e voluta ignoranza delle regole sintattiche e morfologiche da cui nasce una "scrittura-parlato intensamente informale in cui per la prima volta si realizza quella spinta alla riduzione assoluta della lingua della poesia a lingua del privato" (Mengaldo). La poesia diventa così un riflesso della vita psichica e dell'immaginario privato dove fanno sì capolino riferimenti a vicende pubbliche politico-sociali che tuttavia non tolgono nulla al carattere autonomo di ogni lirica, quasi che essa venisse facendosi da sè all'insaputa della stessa poetessa. In tal modo risalta ancora di più "la percezione della normalità dell'orrore, della quotidianità come dominio privilegiato del terribile".
Amelia Rosselli, fragile e coraggiosa, visse gli ultimi anni della sua vita a Roma, dove, morì suicida nel 1996.
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